La tragica storia dei due romani a bordo del Titanic

A Roma, passeggiando per le vie del centro, è facile imbattersi in targhe commemorative affisse sui muri di antichi palazzi. Raccontano storie di persone e avvenimenti che, pur spesso poco noti, hanno lasciato un segno nella memoria collettiva della città. Una di queste targhe, collocata all’esterno della Casa del Cinema a Villa Borghese, è particolarmente significativa. Ricorda i nomi di due giovani camerieri romani, Roberto Vioni e Roberto Urbini, che persero la vita in una delle più grandi tragedie del XX secolo: il naufragio del Titanic.

Il naufragio del Titanic e la presenza italiana a bordo

Era la notte tra il 14 e il 15 aprile 1912 quando il Titanic, durante il suo viaggio inaugurale, si schiantò contro un iceberg nelle gelide acque dell’Atlantico, poco a sud di Terranova. La nave, costruita per essere il transatlantico più grande e lussuoso mai realizzato, era salpata da Southampton diretta a New York, con a bordo 2.228 persone tra passeggeri ed equipaggio. Di queste, oltre 1.500 perirono nel naufragio, lasciando un segno indelebile nella storia.

Tra i presenti a bordo vi erano anche diversi italiani, per lo più impiegati come lavoratori nei ristoranti e nei servizi di bordo. Tra i 28 italiani che facevano parte del personale del Titanic, due erano romani: Roberto Vioni, 26 anni, e Roberto Urbini, 22 anni. Entrambi lavoravano come camerieri nell’esclusivo ristorante di prima classe “À la Carte”, rinomato per la sua eleganza e la qualità del servizio. Quel ristorante, gestito da Luigi Gatti, un noto ristoratore italiano di Londra, era considerato un simbolo del lusso che caratterizzava il Titanic.

I romani Vioni e Urbini: la loro storia

I nomi di Roberto Vioni e Roberto Urbini comparvero per la prima volta nella cronaca de Il Messaggero il 18 aprile 1912, nell’elenco delle vittime italiane del naufragio. Anche Il Corriere della Sera riportò la loro storia, sottolineando come i due giovani fossero stati assunti direttamente da Luigi Gatti, responsabile del ristorante di prima classe. Gatti, un importante membro della comunità italiana in Inghilterra, aveva scelto accuratamente i suoi collaboratori, ritenendo che gli italiani fossero i migliori camerieri del mondo.

Una delle storie più toccanti emerse su Il Corriere della Sera il 19 aprile 1912 riguarda Roberto Urbini. Il giovane, appena ventiduenne, lasciava una moglie incinta a Roma, la quale si trovava ormai a pochi giorni dal parto. Proprio il giorno del naufragio, la donna diede alla luce il loro bambino, ignara della tragedia che aveva colpito suo marito. I familiari, infatti, le avevano nascosto l’accaduto per proteggerla dal dolore in un momento così delicato. Questo particolare rende la storia di Urbini ancora più straziante, evidenziando le conseguenze umane della tragedia al di là dei numeri e delle statistiche.

Il Titanic, simbolo di lusso e modernità

Il Titanic non era solo un mezzo di trasporto; rappresentava un simbolo di lusso, progresso tecnologico e modernità. Con i suoi 271 metri di lunghezza e 30 metri di larghezza, pesava oltre 60.000 tonnellate, e a bordo offriva ogni comfort immaginabile per l’epoca. Le suite di prima classe erano arredate con sfarzo, i ristoranti offrivano menu di altissima qualità, e la nave era persino dotata di una piscina, una palestra e un bagno turco, innovazioni straordinarie per il 1912.

I biglietti di prima classe costavano l’equivalente di circa 16.750 euro di oggi, mentre un passaggio in terza classe era più accessibile, intorno ai 500 euro. Anche il sistema di comunicazione a bordo era all’avanguardia: grazie all’installazione di un radiotelegrafo, il Titanic era in grado di comunicare costantemente con la terraferma, permettendo perfino di inviare ordini di borsa direttamente dalla nave, un’anticipazione della globalizzazione moderna.

Il ruolo di Guglielmo Marconi e il salvataggio dei superstiti

Uno degli elementi che rese il Titanic un pioniere della modernità fu proprio il radiotelegrafo senza fili, inventato dall’italiano Guglielmo Marconi. Fu attraverso questo strumento che, dopo la collisione con l’iceberg, venne lanciato il primo SOS della storia. Il segnale venne intercettato dalla nave Carpathia, che navigava nella stessa rotta e riuscì a raggiungere il luogo del disastro, salvando i naufraghi ancora vivi.

Il ruolo del radiotelegrafo nel salvataggio fu riconosciuto a livello internazionale, tanto che due anni dopo, nel 1914, la prima Conferenza internazionale sulla sicurezza marittima sancì l’obbligo di installare radiotelegrafi su tutte le navi di grandi dimensioni. Come riportato dal Corriere della Sera del 19 aprile 1912, il ministro delle Poste inglese, in un discorso alla Camera dei Comuni, dichiarò che molte vite erano state salvate grazie all’invenzione di Marconi.

La tragedia attraverso gli occhi della stampa

La notizia del naufragio del Titanic fu seguita con grande interesse dalla stampa di tutto il mondo. Anche in Italia, i giornali come Il Messaggero e Il Corriere della Sera pubblicarono tempestivamente articoli sull’accaduto, benché inizialmente vi fossero errori e imprecisioni. Le prime notizie, infatti, parlavano di tutti i passeggeri come salvi, notizia che si rivelò tristemente falsa nei giorni successivi.

Nei giorni seguenti al disastro, le testimonianze dei sopravvissuti iniziarono a emergere, riportando dettagli sconvolgenti sugli ultimi istanti del Titanic. I racconti parlavano di un’atmosfera di panico, con persone che urlavano e si affrettavano verso le scialuppe di salvataggio, seguita poi da un silenzio inquietante, rotto solo dal fruscio del mare freddo. L’acqua dell’Atlantico quella notte aveva una temperatura di circa 7 gradi, rendendo impossibile la sopravvivenza per chi finiva in mare senza protezione.

La memoria di Vioni e Urbini

A distanza di più di un secolo, il ricordo di Roberto Vioni e Roberto Urbini è preservato grazie alla targa a loro dedicata presso la Casa del Cinema a Villa Borghese. Questa targa, posta nel 2012 in occasione del centenario della tragedia, è un piccolo segno tangibile di una grande tragedia che toccò anche Roma, seppur a migliaia di chilometri di distanza.

La storia di questi due giovani romani rappresenta un pezzo della tragedia più grande del Titanic, ma è anche emblematica di una più vasta esperienza collettiva: quella dell’emigrazione italiana all’inizio del Novecento, quando migliaia di giovani lasciavano il loro Paese in cerca di una vita migliore, talvolta incontrando destini tragici come quello di Vioni e Urbini.

FONTE: https://www.comune.roma.it/web/it/notizia.page?contentId=NWS1241533

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